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“Lei verrà” e “Mia madre”: riflessioni sulle musiche di Mango con le parole di Alberto Salerno

09/01/2021 16:12

Ilaria Barontini

Popular music, Pino Mango, Alberto Salerno, Storia della canzone italiana,

“Lei verrà” e “Mia madre”: riflessioni sulle musiche di Mango con le parole di Alberto Salerno

La collaborazione tra Alberto Salerno e il grande cantautore Mango ha dato alla luce canzoni di una bellezza fuori dal tempo, come “Lei verrà” e “Mia madre”.

La collaborazione tra Alberto Salerno, noto paroliere e produttore, e il grande cantautore Mango (nome completo Giuseppe Mango, detto Pino) ha dato numerosi e preziosi frutti, tra cui non si possono non citare Lei verrà e Mia madre, che hanno una bellezza fuori dal tempo in cui sono state scritte e pubblicate. Esse meritano un ascolto attento e rivelano il valore di Mango e la sua importanza nella storia della canzone.

 

 

Mia madre è stata interpretata in modo così sentito ed efficace da Pino Mango da far credere erroneamente che parlasse di sua madre, mancata due anni prima; Salerno, l’autore del testo (scritto sulla musica di Mango nel 1988), aveva invece dedicato le parole del brano a sua madre, appena scomparsa. Il metro non sempre regolare e l'originalità della musica hanno evocato un testo con frasi e parole molto ispirate e affatto scontate. In particolare, è da segnalare una parte della melodia (in corrispondenza delle parole "Chiudo gli occhi e scendi in me/ leggera ormai/ come l'aria che con te/ io respirai") che alterna frasi costituite da note che procedono prevalentemente per grado o per salti di terza a frasi che insistono sul più ampio intervallo di quarta giusta, su cui oscillano con ostinazione; questo si presta ad evocare quasi una doppia percezione, due realtà inconciliabili eppure compresenti. 

 

Nel brano, Salerno parla di sua madre non attraverso ricordi personali, ma soprattutto cercando di descriverla quando era una ragazza, a partire da una fotografia. Il ritratto che si delinea è vago ed evanescente, così come ormai non può che essere il suo amorevole abbraccio. Quella di Mango è un'interpretazione talmente intensa ed espressiva da aggiungere poesia e universalità al testo, che finisce con l'esprimere l'amore non solo per tutte le madri, ma anche per tutte le persone care che ognuno di noi ha perduto, ripensate nel fiore degli anni con "immensa nostalgia".

 

Lei verrà partecipò a Sanremo del 1986 (XXXVI edizione) ed è la mia canzone preferita di tutta la storia del Festival. Il brano segue il modello formale anglosassone Chorus-Bridge [vedi nota 1], ma è reinventato e arricchito da molti fattori: un inizio che prende armonicamente dal reggae (e la stessa successione armonica viene riproposta anche nella Coda del brano); una vocalità fin da subito estranea a tali ambiti ma di grande efficacia, ricchezza ed espressività: Mango è stato definito giustamente il più internazionale degli artisti italiani, ma non è solo questo, perché nella sua voce possiamo trovare anche caratteristiche chiaramente italiane e folkloristiche; un lirismo nuovo per un brano Chorus-Bridge, anche perché affidato in modo particolare al Bridge, quasi a infondere nella forma tipica anglosassone la caratteristica tutta italiana del Ritornello che segue la Strofa e presenta il punto di maggiore espansione [vedi nota 2]. Il Chorus si apre con le prime due parole, "Lei verrà", secondo il modello formale citato, che, pur avendo avuto precedenti di successo al Festival (come ad esempio Una lacrima sul viso e Zingara), non è da considerarsi proprio "sanremese", essendo a tutt’oggi più frequenti le canzoni Strofa-Ritornello o le ballate monostrofiche [vedi nota 3]. Il modello C-B non viene del tutto rispettato: l’incipit del Bridge (che non è esposto interamente, ma solo "presentito") corrisponde alle parole "stai qui con me" e introduce una linea melodica che non ritroveremo più nel brano. Dopo l’episodio "stai qui con me/ stanotte piove/ e piove su noi/ che non ci incontriamo mai” la musica si interrompe; si ascolta poi nuovamente il Chorus e le parole del titolo stavolta hanno una grande dilatazione ritmica, dopodiché la musica torna a tempo sul battere successivo, in corrispondenza dell’ultima sillaba della parola "verrà" (eseguita con un abbellimento e ritmo swingato). I vocalizzi sono spesso sull'ultima sillaba della frase ("sete", "verrà", "già", "va", "me", "città", "sole"…). Verso la fine del brano un lunghissimo vocalizzo su "avrò" e un altro su “dai” (molto più breve) creano l’effetto dei puntini sospensivi: il discorso si interrompe e lascia spazio all'immaginazione. Tutti i vocalizzi sono resi con spontanea maestria, ed esulano sia dal contesto pop-rock che da contesti black e reggae, rimandando ad altri generi, che comprendono anche caratteri simili a stilemi rintracciabili in varie epoche della musica classica (viene però felicemente trasgredita l'antica regola di non vocalizzare l'ultima sillaba di una parola). Un’altra caratteristica musicale è la vivacità ritmica che pervade l’interpretazione del brano, in particolare nella Coda, in cui emerge il canto scat. Tutti gli elementi sono miracolosamente in armonia tra loro.

 

Il testo di Salerno, di grande ambiguità e vaghezza semantica, coglie benissimo le possibilità offerte dalla musica, a cui si lega perfettamente.

Interrogato sul significato del brano, Pino Mango in interviste dell'epoca rispondeva che il "lei" del testo non si doveva intendere necessariamente riferito a una donna, ma poteva anche alludere a un ideale, come la giustizia. È talmente tutto indefinito che può esprimere mille significati. Questo è il significato letterale: il protagonista si rivolge idealmente a una donna con cui ormai l'amore è finito ("amore che non dai più sogni"), e si dichiara pronto e fiducioso ad accogliere un nuovo amore che verrà. È ottimista anche per la persona che non ama più: "e ci sarà il sole nella stanza in fondo agli occhi tuoi". Facendone una versione in prosa, sarebbe come dire: "e il tuo animo sarà felice"; quanto è più ricco ed efficace il testo originale… Questo ottimismo verso il futuro convive con la situazione presente, che è comunque irrisolta, esprimendo al tempo stesso sentimenti di fiducia e drammaticità. Ecco di nuovo l'ambiguità del testo e la ricchezza della musica a dar voce a sentimenti contrastanti. Questo ricorda vagamente il pucciniano Un bel dì vedremo; anche chi ascolta resta sospeso febbrilmente: qui però quanto viene espresso, pur in modo indefinito, non è un augurio disperato, ma profondamente permeato di energia costruttiva.

 

In Lei verrà, Mango privilegia gli accenti su tempi deboli, con un ulteriore effetto cinetico. L'ampia varietà ritmica contraddistingue e accompagna sempre il suo modo di cantare, che risulta così immediato da sembrare istintivo, ma, ascoltando bene, si basa su una raffinata consapevolezza armonica e si avvale di un'incredibile ricchezza timbrica e di sfumature.

Una grande presenza di parole tronche, soprattutto in finale di frase ("scenderà" e le già citate "verrà", "città", "avrò”…), permette al testo di aderire alla vitalità ritmica della musica e di restituire un'immagine sonora completa dell'energia costruttiva di cui parlavo: il protagonista è già proiettato nel futuro, reso musicalmente anche con un dinamico arrangiamento eseguito da suoni sintetici, oggi dal sapore vintage ma al tempo all'avanguardia, che scandiscono ritmicamente il brano a partire dalla seconda presentazione del Chorus, dialogando con la voce, evidenziandone l'espressività con pause o momenti rarefatti o sottolineandone la dinamicità; la voce prende spunto dal disegno ritmico della base per elaborarlo e variarlo nella Coda.

L’arrangiamento fa ascrivere il brano al genere elettropop, ma come abbiamo visto in realtà c'è una compresenza di molti generi e stilemi. "Dai...", l'ultima parola, interrompe la ripetizione della frase e, dopo una pausa della voce (sottolineata dalla percussione), si trasforma nel canto scat della Coda, che presenta fonemi simili: la sillaba più ricorrente è "da". Ciò sembra dirci che ormai quello che poteva essere espresso a parole è stato già detto e il "tempo che verrà" citato nel testo è ora affidato all’improvvisazione musicale. Fin dalle prime esecuzioni, la Coda di Lei verrà ha offerto al suo autore e interprete l'opportunità di spaziare liberamente in vocalizzi sempre diversi, giocati in infinite varianti ritmiche.

 

Ilaria Barontini


[1] Nelle canzoni in forma Chorus-Bridge il punto focale è all’inizio del brano, in modo esclamativo, non discorsivo. Le canzoni di questo tipo sono spesso brevi e le ripetizioni si riducono man mano che si procede. Il processo è implosivo, cioè chiuso, senza evoluzione (es. Nel blu dipinto di blu di Modugno e Sapore di sale di Paoli – entrambe con schema Verse-Chorus-Bridge –, Yesterday dei Beatles…).

 

[2] Le canzoni in forma Strofa-Ritornello sono opposte alle canzoni del tipo C-B, in quanto S e R sono variamente ripetuti, anche con riff strumentali che richiamano ora la Strofa, ora il Ritornello, con cambi di tonalità… Può esserci Intro (strumentale), a volte ripetuta ad ogni strofa. Tali canzoni seguono un processo esplosivo, di accumulo; la struttura risulta aperta, tesa all’ampliamento (es.: Io che non vivo di Pino Donaggio, Azzurro di Paolo Conte, Vacanze romane dei Matia Bazar, Almeno tu nell’universo di Mia Martini…).

 

[3] La forma ballata monostrofica non ha alternanza fra le diverse parti: cambia il testo, ma non la musica (es. filastrocche, canzoni popolari, ma anche canzoni d’autore: Bob Dylan, Simon e Garfunkel…, Bella senz’anima di Riccardo Cocciante, Amore senza fine di Pino Daniele, La canzone del sole di Lucio Battisti…).

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