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Un fuoco che arde e consola. 250 anni di Beethoven

16/12/2020 07:17

Caterina Barontini

Tra Sette e Ottocento, Ludwig van Beethoven, Classicismo musicale, Tra Classicismo e Romanticismo, Musica preromantica,

Nel 250° compleanno di Beethoven, cerchiamo di far luce sulle radici più profonde dell'universalità del suo pensiero musicale, un fuoco inestinguibile.

"Mi porto in giro i pensieri a lungo, spesso molto a lungo, prima di metterli per iscritto, e la mia memoria li ricorda con tale precisione che sono sicuro di non dimenticare un tema, una volta pensato, neppure a distanza di anni. Faccio qualche cambiamento, elimino e riprovo di nuovo fino a quando non sono soddisfatto; poi nella mia testa inizia l'elaborazione: l'idea si amplia, si restringe, si alza, si abbassa, e dal momento che so cosa voglio l'idea fondamentale non mi abbandona mai, si solleva, cresce in altezza, sento e vedo di fronte al mio spirito l'immagine in tutta la sua estensione contenuta come in uno stampo, e non mi rimane che metterla per iscritto, cosa che procede velocemente a seconda che mi rimanga il tempo perché a volte lavoro a diverse cose insieme, ma sono certo di non confonderle."
Correva l'anno 1822, Beethoven era già completamente sordo da due anni, e con queste parole rispondeva a Louis Schlösser, un musicista di Darmstadt che lo visitò per porgli domande sul suo modo di comporre. "Mi chiederete da dove prenda le mie idee... Non sono in grado di dirlo con sicurezza; arrivano senza che le abbia chiamate, dirette o indirette, le potrei afferrare con le mani nella natura, nel bosco, durante le passeggiate, nella quiete e nel silenzio della notte, al mattino presto, stimolate da stati d'animo che si trasformano per il poeta in parole e per me in suoni, risuonano, ribollono, infuriano, finché alla fine stanno di fronte a me..." (Hallelujah, anno IV, n. 20, 1885)

Michele Campanella, riferendosi alle Sonate per pianoforte op. 78, op. 81 e op. 90, scrive una considerazione che può essere estesa anche ad altri contesti dell'opera di Beethoven: egli "precorre la strada della concentrazione formale che il filosofo musicale Vladimir Jankélévitch chiama brachilogia (...). La durata temporale si riduce: la tipica capacità beethoveniana di accumulare eventi formali in spazi brevi (...) sta nella possibilità di conservare lo stile sublime e l'eloquenza grandiosa del cosiddetto secondo periodo creativo, concentrando il linguaggio in un modo che lascia supporre un enorme lavoro di sottrazione." Il risultato è che ogni respiro, ogni suono, ogni frase ha "un peso specifico nuovo"; "ogni nota acquista una forza espressiva misteriosa ed esplosiva, partecipa integralmente all'organicità della struttura, attraverso uno sviluppo motivico impressionante." (Suono, Castelvecchi, Roma, 2019)
 
Bonn, 16 dicembre 1770 - Vienna, 26 marzo 1827
Dire che la sua vita sia stata un ponte tra i due secoli non è proiettare una fantasia geometrica sui dati anagrafici, ma asserire una verità manifesta, anzi l'inizio di questa verità, poiché il pensiero musicale di Beethoven ha custodito e plasmato tesori perenni. Robert Schumann, tra i suoi tanti scritti a questo riguardo, ad esempio afferma: "Beethoven trova talvolta i suoi motivi per strada per trasformarli in sentenze universali". 
Nel giorno del suo 250° compleanno vorrei cercare di evidenziare degli aspetti fondamentali della sua vita e della sua arte, per incontrare con un nuovo desiderio i suoi capolavori.

Gli anni della sua gioventù sono animati dalle idee di libertà e umanità che fiorivano nella vita intellettuale di Bonn. Con Massimiliano d'Asburgo-Lorena (1784 - 1794), fratello di personalità note anche nella storia d'Italia (Giuseppe II duca di Milano e Leopoldo II Granduca di Toscana), Bonn diventa un centro artistico e filosofico di primo piano soprattutto in ambito teatrale, musicale e letterario. In questi anni Beethoven inizia a svolgere la funzione di organista di corte e nel semestre 1789-1790 si iscrive all'Università di Bonn con degli amici musicisti. Alla scuola dell’antichità classica e dello stoicismo, egli concepisce l’Universo sotto una luce animistica; Dio come il fuoco che lo vivifica; lo spirito umano come scintilla della stessa fiamma – elementi costanti e fondamentali della sua persona e della sua spiritualità. Un altro momento cruciale per la sua vita è quando il grande Haydn in soggiorno a Bonn nel 1792 ascolta una sua Cantata e ne rimane così impressionato da offrirsi di dargli lezioni a Vienna. Nel 1794 il principe elettore concede a Beethoven il permesso di recarsi là per breve tempo, ma in realtà egli non tornerà più a Bonn. A Vienna si afferma come pianista, direttore d'orchestra e compositore, ma (è bene sottolinearlo) in qualità di artista indipendente, cioè come libero impresario di se stesso, seguendo il nuovo ruolo sociale
del musicista ed entrando in relazione con gli editori viennesi.
 
Oltre a comporre, dirigere e suonare, si immerge nella lettura di classici greci e di Shakespeare e resta affascinato dal titanismo prometeico promosso dai giovani Goethe e Schiller. Per questo l’eroe, nella sua musica, è emblematizzato proprio dalla figura di Prometeo, il titano che ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini e per vendetta viene incatenato ad una rupe, con la continua tortura di essere dilaniato da un’aquila (ce lo racconta il "Prometeo incatenato", tragedia di Eschilo). I riferimenti nascosti sono frequenti, ma abbiamo anche una composizione di Beethoven esplicitamente ispirata a questo mito: il balletto "Le creature di Prometeo" (Burgtheater di Vienna, 28 marzo 1801), espressione emblematica della potenza della musica, esempio per antonomasia di composizione ispirata alla mitologia e agli archetipi che plasmano la psiche umana.
Resosi conto che a Vienna erano ancora radicate le disparità e le ingiustizie del Settecento, in linea con gli ideali della Rivoluzione francese, Beethoven stesso ha bisogno di dar voce a una nuova musica, che abbia la funzione sociale di esprimere valori destinati ad agire sulla realtà umana: egli stesso si fa Prometeo per l'umanità, cercando di "rubare il fuoco" per darlo al mondo.
Un fuoco che arde e consola.
 
Afferma il direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler in Ton und Wort (trad. it. O.P. Bertini, Suono e Parola, Fogola, Torino, 1977):

Il problema di individuo e comunità, vero epicentro di tutta la nostra crisi spirituale di oggi, perde il suo significato al cospetto della musica di Beethoven al tempo stesso entusiasticamente appassionata e definitivamente chiara e semplice, che si presenta come evento sia individuale sia comunitario. La musica di Beethoven rimane così per noi un esempio possente della concordanza in tutte le direzioni, concordanza tra il linguaggio dei suoni e il linguaggio dell'anima, tra l'architettura della musica e il trascorrere di un dramma radicato e ancorato alla vita interiore dell'uomo, prima di tutto concordanza tra l'Io e l'umanità, fra l'anima angosciata del singolo e la comunità universale. Le parole di Schiller: «Fratelli, sopra la volta delle stelle deve esserci un caro padre», che Beethoven annunciò con chiaroveggente lucidità nel messaggio dell'ultima Sinfonia, non erano in bocca sua le parole di un predicatore o, peggio, di un demagogo. È ciò che egli stesso ha vissuto.

Alla luce di questo, anche se le proposte d'ascolto potrebbero essere infinite (Sinfonie, Concerti, Quartetti, Trii, Sonate...), vorrei proporvi di riascoltare interamente proprio la Nona Sinfonia, op. 125, lasciandoci con questo passo a firma di Florestano, uno degli alter ego di Schumann:

Amatelo, anzi amatelo profondamente, e non dimenticate che egli è giunto alla libertà poetica con un cammino durato molti anni, e onorate la sua forza morale che non ha mai avuto posa. La sua ultima sinfonia esprime cose così ardite e inaudite che nessuna lingua prima ha osato. Quand'ebbero finito [la Nona, NdA] il Maestro [sarebbe il Maestro Raro, altro alter ego di Schumann, NdA] disse con voce quasi commossa: "Ed ora, basta! Lasciateci amare quell'alto spirito che guarda in giù, con amore inesprimibile, alla vita, che a lui diede così poco. (...) O giovani, avete davanti a voi una via lunga e difficile: aleggia in cielo una strana tinta di rosso, non so se di crepuscolo o di aurora. Fate che diventi luce!"
 
Caterina Barontini

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