Forse tutti noi almeno una volta nella vita ci siamo chiesti "a che cosa serve il direttore d'orchestra?". Questa domanda è una tappa inesorabile... prima o poi, che siamo musicisti o no, che siamo in teatro, in salotto, con gli auricolari, non importa: un giorno nella mente compare quell'interrogativo – "cosa ci fa quello lì con la bacchetta, stai a vedere che gli orchestrali suonerebbero bene lo stesso" – e da allora c'è, può sprofondare nell'incanto dell'ascolto o riemergere in varie forme, ma resta finché non ci rivolgiamo a qualcuno che ce lo possa spiegare o non lo intuiamo da soli. Questo articolo intende togliere ogni dubbio e ricordare Arturo Toscanini in occasione dell'anniversario della sua morte.
Un punto che vorrei evidenziare in prima battuta (per l'appunto) è che il direttore d'orchestra non è stato da sempre necessario. Il bisogno di una figura professionale dedita allo stacco dei tempi (la scelta della velocità iniziale), all'interpretazione agogica e dinamica e alla conduzione del fraseggio è sorto solo agli inizi dell'Ottocento. Nel Sei-Settecento, il compito di guidare e coordinare l'insieme era affidato al continuista (colui che al liuto, all'organo o al clavicembalo realizzava il tessuto armonico, tramite accordi e voci secondarie di collegamento, basandosi sulle sigle numeriche segnate sotto alla linea di basso, secondo la pratica di scrittura detta del basso continuo), al primo violino oppure allo strumento solista, a seconda del tipo di repertorio.
Soltanto con lo sviluppo della sensibilità musicale romantica si è visto l'allargamento delle formazioni orchestrali e la diffusione in partitura di indicazioni "in corso d'opera" (modifiche graduali della dinamica e della velocità): per questi motivi la prassi preesistente divenne poco efficace e si diffuse quella per cui un altro musicista, al di fuori del gruppo orchestrale e in piedi di fronte ad esso, doveva condurre l'insieme.
Interessante notare che la crescita della massa orchestrale e l'aumento di indicazioni dinamiche e agogiche sono solo elementi contestuali, punte dell'iceberg: la concezione romantica ha valorizzato l'interpretazione come fattore chiave del momento artistico o musicale. Intendo dire che non serviva soltanto una persona in grado di dare gli attacchi agli strumentisti, ma anche di gestire l'insieme assicurando un approccio interpretativo unitario e coerente, senza arbitrarietà ma a servizio del pensiero del compositore. Così, in area tedesca e poi francese e italiana, nacque la figura del direttore d'orchestra, anche se non si trattava ancora di una professione a sé stante: di solito era il compositore, appunto, a dirigere i propri brani.
Arturo Toscanini (Parma, 25 marzo 1867 - New York, 16 gennaio 1957) ha dato al ruolo del direttore d'orchestra una visibilità dapprima inesistente. Ritenuto uno dei più autorevoli interpreti di Beethoven, Verdi, Puccini, Brahms e Wagner, è stato tra i primi direttori a mettere al centro la partitura, ridimensionando le arbitrarietà dei solisti e mettendo a tacere i capricci del pubblico (addirittura negava sempre i bis). In campo operistico, ricercava l'unità tra tutte le parti dello spettacolo: cantanti, orchestra, coro, messa in scena, illuminazione... tutto, perfino i costumi, doveva essere un insieme organico sotto la sua guida.
Le sue interpretazioni sono contraddistinte da un'incredibile ricerca di coesione e da una grande tensione verso una resa limpida ed esatta del pensiero musicale, attraverso scelte nitide e icastiche che non lasciano spazio a effetti sonori superflui e sventano il rischio di momenti statici o languidi.
La sua eccezionale memoria visiva gli consentiva di avere l'abitudine di dirigere senza partitura.
A lui si devono 25 prime assolute di opere liriche del suo tempo, che dimostrano l'attenzione alla contemporaneità: da ricordare Pagliacci di Leoncavallo e capolavori di Puccini come Bohème, Fanciulla del West, Turandot...
Fu il primo a portare in Italia Gershwin; fu il primo direttore non tedesco ad esibirsi al teatro di Bayreuth.
Si deve a Toscanini una grande riforma del Teatro alla Scala (teatro che diresse a più riprese nella sua vita): a partire dal 1901 monitorò la realizzazione di un'illuminazione scenica all'avanguardia e la costruzione di una buca d'orchestra, chiese sempre di abbassare le luci in sala durante le rappresentazioni e fu intransigente con i ritardatari. Dal 1937 al 1954, invece, diresse stabilmente la NBC Symphony Orchestra, che fu creata appositamente per lui.
Oggi un direttore impositivo e severo come Toscanini non sarebbe tollerato; siamo consapevoli che le orchestre hanno bisogno di un pacificatore più che di un comandante. Le asperità del suo carattere, autoritario e intransigente, lo renderebbero inammissibile. Oggi un direttore per avere un futuro deve assicurarsi un buon gradimento delle formazioni orchestrali più che dimostrare sensibilità e talento... da un estremo a un altro!
Sorridiamoci su con la Rhapsody in Blue.
Caterina Barontini