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Il direttore per antonomasia: Arturo Toscanini

16/01/2021 22:10

Caterina Barontini

Tra Otto e Novecento, Direzione d'orchestra, Arturo Toscanini,

Il direttore per antonomasia: Arturo Toscanini

Direttore d'orchestra? Per essere al servizio della partitura. Alcune note su questa figura professionale, ricordando Toscanini nell'anniversario della morte.

Forse tutti noi almeno una volta nella vita ci siamo chiesti "a che cosa serve il direttore d'orchestra?". Questa domanda è una tappa inesorabile... prima o poi, che siamo musicisti o no, che siamo in teatro, in salotto, con gli auricolari, non importa: un giorno nella mente compare quell'interrogativo – "cosa ci fa quello lì con la bacchetta, stai a vedere che gli orchestrali suonerebbero bene lo stesso" – e da allora c'è, può sprofondare nell'incanto dell'ascolto o riemergere in varie forme, ma resta finché non ci rivolgiamo a qualcuno che ce lo possa spiegare o non lo intuiamo da soli. Questo articolo intende togliere ogni dubbio e ricordare Arturo Toscanini in occasione dell'anniversario della sua morte.

 

Un punto che vorrei evidenziare in prima battuta (per l'appunto) è che il direttore d'orchestra non è stato da sempre necessario. Il bisogno di una figura professionale dedita allo stacco dei tempi (la scelta della velocità iniziale), all'interpretazione agogica e dinamica e alla conduzione del fraseggio è sorto solo agli inizi dell'Ottocento. Nel Sei-Settecento, il compito di guidare e coordinare l'insieme era affidato al continuista (colui che al liuto, all'organo o al clavicembalo realizzava il tessuto armonico, tramite accordi e voci secondarie di collegamento, basandosi sulle sigle numeriche segnate sotto alla linea di basso, secondo la pratica di scrittura detta del basso continuo), al primo violino oppure allo strumento solista, a seconda del tipo di repertorio.

Soltanto con lo sviluppo della sensibilità musicale romantica si è visto l'allargamento delle formazioni orchestrali e la diffusione in partitura di indicazioni "in corso d'opera" (modifiche graduali della dinamica e della velocità): per questi motivi la prassi preesistente divenne poco efficace e si diffuse quella per cui un altro musicista, al di fuori del gruppo orchestrale e in piedi di fronte ad esso, doveva condurre l'insieme.

Interessante notare che la crescita della massa orchestrale e l'aumento di indicazioni dinamiche e agogiche sono solo elementi contestuali, punte dell'iceberg: la concezione romantica ha valorizzato l'interpretazione come fattore chiave del momento artistico o musicale. Intendo dire che non serviva soltanto una persona in grado di dare gli attacchi agli strumentisti, ma anche di gestire l'insieme assicurando un approccio interpretativo unitario e coerente, senza arbitrarietà ma a servizio del pensiero del compositore. Così, in area tedesca e poi francese e italiana, nacque la figura del direttore d'orchestra, anche se non si trattava ancora di una professione a sé stante: di solito era il compositore, appunto, a dirigere i propri brani.

 

Arturo Toscanini (Parma, 25 marzo 1867 - New York, 16 gennaio 1957) ha dato al ruolo del direttore d'orchestra una visibilità dapprima inesistente. Ritenuto uno dei più autorevoli interpreti di Beethoven, Verdi, Puccini, Brahms e Wagner, è stato tra i primi direttori a mettere al centro la partitura, ridimensionando le arbitrarietà dei solisti e mettendo a tacere i capricci del pubblico (addirittura negava sempre i bis). In campo operistico, ricercava l'unità tra tutte le parti dello spettacolo: cantanti, orchestra, coro, messa in scena, illuminazione... tutto, perfino i costumi, doveva essere un insieme organico sotto la sua guida.

 

Le sue interpretazioni sono contraddistinte da un'incredibile ricerca di coesione e da una grande tensione verso una resa limpida ed esatta del pensiero musicale, attraverso scelte nitide e icastiche che non lasciano spazio a effetti sonori superflui e sventano il rischio di momenti statici o languidi.

 

La sua eccezionale memoria visiva gli consentiva di avere l'abitudine di dirigere senza partitura

 

A lui si devono 25 prime assolute di opere liriche del suo tempo, che dimostrano l'attenzione alla contemporaneità: da ricordare Pagliacci di Leoncavallo e capolavori di Puccini come Bohème, Fanciulla del West, Turandot...

Fu il primo a portare in Italia Gershwin; fu il primo direttore non tedesco ad esibirsi al teatro di Bayreuth.

 

Si deve a Toscanini una grande riforma del Teatro alla Scala (teatro che diresse a più riprese nella sua vita): a partire dal 1901 monitorò la realizzazione di un'illuminazione scenica all'avanguardia e la costruzione di una buca d'orchestra, chiese sempre di abbassare le luci in sala durante le rappresentazioni e fu intransigente con i ritardatari. Dal 1937 al 1954, invece, diresse stabilmente la NBC Symphony Orchestra, che fu creata appositamente per lui.

 

Oggi un direttore impositivo e severo come Toscanini non sarebbe tollerato; siamo consapevoli che le orchestre hanno bisogno di un pacificatore più che di un comandante. Le asperità del suo carattere, autoritario e intransigente, lo renderebbero inammissibile. Oggi un direttore per avere un futuro deve assicurarsi un buon gradimento delle formazioni orchestrali più che dimostrare sensibilità e talento... da un estremo a un altro!

 

Sorridiamoci su con la Rhapsody in Blue

 

Caterina Barontini

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di Caterina Barontini – 22/11/2020

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