"Prima o poi inciampi in Ciampi", come pare abbia detto Paolo Conte. Frase riuscitissima, non solo per il gioco di parole: a Ciampi piacerebbe l'incontro visto come "inciampo" ("nomen omen", quindi). Aggiungo che è un inciampo felice, anche quando i contenuti testuali dei brani sono tragici.
Un'uscita recentissima testimonia che l’incontro artistico con Ciampi è, anche ai giorni nostri, felice e costruttivo: il CD Piero è passato di qui di Alessia Arena, voce, e Chiara Riondino, voce e chitarra (2022, Materiali Sonori) (1). Le nuove versioni testimoniano la capacità di non invecchiare delle sue canzoni, delle sue poesie, dei suoi pensieri… del loro funzionare anche senza l'inconfondibile voce e la trascinante interpretazione del cantautore, di quanto il suo sguardo, ironico e appassionato al tempo stesso, sia ancora necessario e vivo. Come osserva Enrico De Angelis in seconda di copertina del CD, "grazie anche a nuovi ottimi arrangiamenti, [le due interpreti] ne hanno rispettato lo spirito senza minimamente ripeterlo, senza clonarlo, come spesso invece si fa non riuscendo a opporsi alla sua prepotente personalità".
Ecco una mia personale lettura della canzone Sporca estate. Il brano si trova in apertura dell'album Piero Ciampi (1971, RCA, Roma); gli autori sono Ciampi e Gianni Marchetti, pianista, che è anche l'arrangiatore e il produttore del disco. In seconda di copertina è riprodotto lo spartito autografo del brano, firmato da Gianni Marchetti.
Avrebbe potuto anche intitolarsi "Figli", ma funziona meglio com'è… il titolo incuriosisce, è ossimorico e anticonformista come la stessa canzone e la sua interpretazione. Per l'estate erano state scritte una marea di canzoni vacanziere e spensierate; fuori dal coro era già emersa Estate di Bruno Martino (2), meravigliosa, con l'indimenticabile e paradossale espressione "Odio l'estate", ma la Sporca estate di Ciampi si muove in tutt’altra direzione.
Quel "Figli" iniziale, non rivelato da un titolo, risulta più imprevisto e colpisce anche per il registro, piuttosto acuto per essere un incipit vocale e per essere cantato da Ciampi, che solitamente si muove in tessiture medie o medio-gravi. Questa scelta ricrea in modo efficace ciò che facciamo abitualmente mentre parliamo, cioè spingere la voce più del solito nel registro acuto nel tentare di attirare l'attenzione di qualcuno che stiamo chiamando. Ascoltata oggi, a distanza di tempo, sembra rivolta a noi. Noi livornesi "presi" dalla musica è un po' come se fossimo suoi figli… ma l’invocazione vale anche per tutti gli estimatori del cantautore tra i meno inquadrati e più imprevedibili del mondo e della storia, per chiunque si emozioni ascoltando il brano, e per tutta l’umanità, come esplicitato da Ciampi nell’introdurre la canzone in un live per la Rai (dal programma Piero Ciampi, no! di Ciampi e Marchetti, registrato nel 1977 e trasmesso nell'agosto 1978 sulla Rete Due).
"Figli, vi porterei a cena sulle stelle, ma non ci siete"… Ciampi usa l'espressione "a cena sulle stelle" anche in un'altra occasione, nei versi "Il poeta/ è un'elegantissima anima/ che va a cena/ sulle stelle", per indicare metaforicamente la condizione privilegiata di un'anima nobile. Aveva girato parecchio, Piero Litaliano, ma l'enfasi sull'andare "a cena", l'immagine "vi porterei a cena sulle stelle", visionaria e iperbolica, parte da un gusto, una pulsione fortemente livornese. È chiaro che per chiunque l'idea "ti porto a cena!" è qualcosa di affettuoso, di dedicato… ma a Livorno, per giunta detto da un padre a dei figli, si carica di un investimento emotivo maggiore. E lo "scuorno", la beffa del destino (un destino "spregioso", per usare un termine molto diffuso nella parlata livornese) è il "ma non ci siete", che viene ripetuto, quasi a cercare di toccare il fondo, di crogiolarsi nella sofferenza per esprimerla appieno. Questo sfogo solitario, questa impossibilità dichiarata e ribadita viene anticipata dal modo condizionale del verbo ("vi porterei") ed enfatizzata per contrasto dall'atmosfera da sogno del valzer. La musica dà man forte al testo, rincara la dose e sembra dire che in un mondo ideale in cui tutto andasse come dovrebbe, il mondo dei desideri, sareste insieme e già a cena sulle stelle, tu e i tuoi figli.
La dicotomia tra realtà e sogno si riflette con forza ed efficacia nella netta divisione del brano in due parti completamente divergenti.
La prima parte è fatta di brevi incisi, parole o frasi interrotte da pause ed è caratterizzata da frequenti cambi di tessitura. Questo sembra descrivere la situazione reale: l'uomo è lontano dai suoi figli e il mondo è tutto sbagliato. Per esprimere il suo sentire, ripensare alla sua vita, spiegarsi e difendersi dalle accuse di una persona presente, una ex, sono usati termini forti ("rimorchiare", "rimorchiato", "scaricato") e l’imprecazione "sporca estate" (intercalare che diventa titolo). L’estate è l’unica entità contro cui inveire, in un'autoanalisi che ci rivela affettivamente votati al fallimento.
"Tu" è pronome personale caro al cantautore, il suo maggior successo è forse proprio Tu no, ultima traccia dell'album Piero Ciampi.
Sia in questo brano che in Sporca estate, "tu" è riferito a una persona amata, in modo travagliato, nel passato o nel presente. "È difficile capirsi", canta Ciampi in un punto cruciale di Tu no, in cui la ripetizione dei due monosillabi suona come un’implorazione, un perentorio chiedere aiuto all'altra persona, per non perdersi a vicenda, per non perdere quella che sembra l'ultima possibile ancora di salvezza e per non perdere del tutto noi stessi… Le frasi musicali e testuali sono aperte dal "tu no" intonato su note che discendono per grado ad ogni anafora: il tono si placa a poco a poco e passa da un impulso concitato a un implorare sommesso, per poi riprendere daccapo. Mai un cambio di tonalità e la riproposizione "un po' più su" di un materiale motivico è stato più funzionale in una canzone.
In Sporca estate curiosamente resta vago proprio il "tu", l’unica persona che immaginiamo presente ad un reale dialogo. Le altre due entità sono invece definite, ma in un dialogo che resta irreale: i "figli", invocati con enfasi piena di amore non espresso, sono persone lontane; la "sporca estate" non si cura certo delle sofferenze umane, al pari della leopardiana "natura matrigna".
L'estate è l'unica interlocutrice con cui sfogarsi, perché vista come complice di tutti i mali presenti e passati; rappresenta una metafora dell'incomunicabilità e, per questi motivi, l'imprecazione all'estate non poteva non essere il titolo. Anni dopo si è proseguito in questa direzione, ad esempio con Luna di Loredana Berté (3), uno dei brani più rock mai presentati al Festival di Sanremo, ma al tempo di Ciampi questa scelta, come anche il testo e l'interpretazione (intensa, espressiva e caratterizzata da un'emissione vocale "sporca" come l'estate), doveva risultare particolarmente coraggiosa, e lo è ancora. È da notare il contrasto tra struttura formale, chiara e ben definita, e interpretazione: quest’ultima risulta imprevedibile, dalla scansione ritmica mai scontata o regolare, e timbricamente fuori dagli schemi.
La seconda parte, in tempo di valzer, presenta invece frasi musicali più ampie, un andamento melodico più disteso e tradizionale, con progressioni… e l'amarezza del "ma non ci siete" non impedisce di realizzare almeno nella musica questo desiderio, in linea con la mente e l'animo dell'io narrante, che non rinuncia a lasciarsi cullare dall'immagine suggerita da quel suo invito irrealizzabile, con una malinconia giunta ormai alle stelle.
Mentre viene ascoltato, il reo confesso, il visionario che si è disvelato nel testo, realizza il suo proposito e ci porta a cena sulle stelle, il valzer delle malinconie di ognuno di noi "figli" viene danzato a tempo con lui, che ci guida, ci rappresenta, ci strazia e ci consola di tutti i nostri personali fallimenti a cui potremmo disgraziatamente ripensare in una sporca estate.
Ilaria Barontini
(1) Il progetto si avvale della Direzione artistica del Premio Ciampi e del patrocinio del Comune di Livorno. Ecco gli altri musicisti, cui va un plauso per le loro performance originali, versatili e convincenti: Franco Fabbrini, basso elettrico, basso acustico, contrabbasso; Valerio Perla, percussioni; Diego Perugini, chitarre; Luca Ravagni: tastiere e sax soprano. Il mix è di Andrea Bertini, il mastering di Andrea Bertini e Andrea Pellegrini, i disegni di Marco Milanesi. È stato registrato presso "La corte degli accorti" e "Musictrabe", Castelnuovo d'Elsa e Barberino d'Elsa, nel giugno-luglio 2021; 2022, Materiali Sonori - info@matson.it
(2) Estate (musica di Bruno Martino, testo di Bruno Brighetti) uscì come singolo nel 1960, originariamente con il titolo "Odio l'estate". Diventerà un celebre standard jazz, con un successo internazionale e un numero impressionante di cover. Il rovesciamento dell'immagine estiva più consolidata, che ci vorrebbe soprattutto dediti al relax e al divertimento, in favore di un'introspezione profonda e malinconica, prosegue in un altro singolo del 1965, ugualmente meraviglioso: E la chiamano estate (musica di Bruno Martino, testo di Franco Califano e Laura Zanin).
(3) Luna (1997, di Loredana Berté e Fabrizio Piccoli), pubblicata nell'album Un pettirosso da combattimento (Farita, Sony), ha un inizio forte ("Vaffanculo luna"), nel '97, come nel '71 l'inizio del brano di Ciampi. Mentre Sporca estate è incentrata sul senso di mancanza dei figli, per la Berté Luna scaturisce dal dolore per la perdita della sorella Mimì; da qui l’imprecazione iniziale, che per il palco di Sanremo venne sostituita con “Occhiali neri, luna”. Prima di lei al Festival si era avvicinato a quell’invettiva solo Alberto Sordi, con un registro ironico-allusivo e intenti comici, quando, come ospite, presentò E va'… e va'… (1981, musica di Claudio Mattone e testo di Franco Migliacci). In un'edizione in cui non tutti andavano in finale, Luna di Loredana Berté ci riuscì e si classificò ultima, in modo decisamente rock.
La cantautrice sceglie spesso brani che comprendono, fin nel titolo, la stessa parola, "luna", e che lasceranno il segno, un po' come avviene a Bruno Martino con l'estate. …E la luna bussò (musica di Mario Lavezzi, testo di Daniele Pace e Oscar Avogadro), brano d'apertura dell'album Bandaberté (1979, CGD, certificato come "disco d'oro" per il numero di copie vendute), uscito anche come singolo. Maledetto luna-park, brano incluso nell'album LiBerté, (2018, Warner) e singolo, non parla della luna, ma di un luogo che contiene la parola quasi a volerne carpire il fascino, di quel "maledetto" luogo (il "parco della luna") in cui si va per dimenticare un mondo carico di delusioni da cui è invece impossibile fuggire. Tutti brani che partono dall'aura incantatrice che l'immagine della luna evoca, ma arrivano a descrivere temi complessi, drammatici, e stati d'animo controversi, fino alla depressione. Li aveva prefigurati il testo di Sei bellissima, scritto da Loredana stessa (il singolo esce nel 1975, per la CGD, con musica di Gian Pietro Felisatti e testo ufficialmente di Claudio Daiano, ma in seguito riconsegnato alla sua autrice), nel passaggio "quando ambiziosa come nessuna/ mi specchiavo nella luna"… La metafora descrive a meraviglia la smisurata ambizione che la protagonista riconosce in se stessa di un tempo passato.