Che ogni anno sia quello giusto per celebrare Dante e cercare di sintonizzarsi con la sua tenera e rigorosa ricerca di Pace e di Amore è molto simile alla verità augurante che ogni giorno sia sempre Natale. Questo articolo è nato in chiusura dell’anno dantesco per presentarvi dei gioielli musicali del Novecento di rara bellezza, frutto di una liaison tra versi di Dante e musica, con la consapevolezza che l’arte del Sommo Poeta non sarà mai un argomento concluso, poiché ci fa guardare il mondo con occhi e cuore rinnovati. È stato bello che la circostanza numerica dei 700 anni dalla morte sia stata il pretesto bruciante di una riscoperta che per molti di noi è stata fonte di idee e di ispirazioni che vanno ben oltre quest’anno, anzi si lanciano nell’avvenire come un ponte di luce.
Un ponte meraviglioso è quello che in Mario Castelnuovo-Tedesco (Firenze, 1895 - Beverly Hills, 1968) unisce testo letterario e ispirazione musicale. Castelnuovo-Tedesco è stato un musicista e compositore dallo spirito colto e arguto, con una limpida serenità toscana e allo stesso tempo una modernità raffinata che lo hanno fatto entrare ben presto nella vita intellettuale fiorentina, fino a che non è dovuto emigrare negli Stati Uniti per motivi razziali (1939). Questo autore ci ha lasciato delle autentiche perle nelle liriche per canto e pianoforte: vere e proprie letture musicali di poeti scelti con la coscienza di un’affinità spirituale. Dai piccoli brani alle composizioni monumentali, le sue fonti principali sono testi letterari italiani e stranieri (Dante, Cavalcanti, Petrarca, Machiavelli, Cervantes, Shakespeare, Leopardi, Lorca, Whitman, Pirandello), ma anche testi biblici e della liturgia sinagogale. Ogni volta la lettura era uno stimolo per lui per approfondire la conoscenza di altre lingue (ha studiato il francese, il tedesco, l'inglese).
Dalle opere (La Mandragola, Il mercante di Venezia, I giganti della montagna...) alle composizioni per pianoforte, dai concerti alla musica da camera, dai celebri brani per chitarra ispirati dalla sinergia con Andrés Segovia (incontrato nel 1932 a Venezia) alle numerose colonne sonore, il suo vasto itinerario creativo e spirituale è fedele ad un umanesimo dai tratti solidi ed eleganti, ad un artigianato di trasparente chiarezza e abilità tecnica. Formatosi con Ildebrando Pizzetti al Conservatorio di Firenze, ha seguito la testimonianza della generazione dell’Ottanta: forme e procedimenti tradizionali si connotano di un nuovo pensiero filosofico sotteso ai suoni e risultano innervati della linfa proveniente dalla musica contemporanea di altri Paesi. Ciò che risulta dal connubio tra antico e moderno, conservazione e innovazione, è un linguaggio originale basato su una visione estetico-sentimentale al confine tra arte e vita.
L’autobiografia “Una vita di musica”, scritta nei tardi anni americani, ci trasmette i suoi affetti e le sue esperienze prendendosi cura del suo “giardino”. L’autore ci racconta che, tra le forme musicali assolute, cioè svincolate da ispirazioni extramusicali, quella del concerto (per strumento solista e orchestra) riflette più di altre la sua sensibilità artistica e spirituale: il solista che si contrappone alla massa orchestrale equivale all’individuo nei suoi rapporti con la società, di consenso o di contrasto. Tuttavia anche le forme musicali di piccole dimensioni occupano un largo spazio nella sua produzione (es. Canti e Sonetti di Shakespeare): la piccola forma è pregnante sul versante opposto, quello della densità di significati simbolici veicolati dai suoni. Si tratta di una situazione analoga a quella dei Romantici, che da un lato amavano le grandi forme monumentali e dall’altro coltivavano anche le forme-frammento, impreziosendole come piccoli gioielli.
I "Quattro Sonetti da La Vita Nova", "Un sonetto di Dante (Guido i' vorrei)" e "Sera (dal canto VIII del Purgatorio)" ci danno prova di uno scavo all’interno della parola che non si limita a descrivere i versi, ma ne evoca i significati nascosti, facendoli lievitare nei melismi, nella direzione delle frasi e nei raffinati collegamenti armonici che spesso portano l’ascoltatore a sospendersi in una dimensione “altra”.
Ogni musica è verità augurante. La musica bella augura a tutti uno sguardo nuovo sul reale sognato o vissuto, e, se ascoltata con la mente e con il cuore, ce lo dona. Continuiamo allora insieme il cammino di questo blog riscoprendo compositori da non dimenticare, perché sia un anno pieno di poesia “in versi o in prosa” come sottolineava Leopardi, in parole o suoni, come direbbe Castelnuovo-Tedesco. La poesia è un atto di pace (Neruda) e noi abbiamo bisogno di tanta pace.
Caterina Barontini