“Non suonare il sax. Lasciati suonare da lui.” Parola di Charlie Parker, il re del bebop... ma questa frase avrebbe potuto essere pronunciata anche dal musicista che vorrei presentarvi oggi: Pedro Iturralde (Falces, 13 luglio 1929 – Madrid, 1° novembre 2020), sassofonista, compositore e docente di sax al Reale Conservatorio Superiore di Musica di Madrid fino al suo pensionamento nel 1994. Iturralde. Voglio cercare di pronunciare bene il suo nome tra me e me per prepararmi a farvi incontrare la sua musica, voglio cadere sulla a tonica come se la doppia r fosse uno scivolo acquatico che mi lancia in alto perché il tuffo sia spettacolare. Ditelo sottovoce con me perché è il nome, da non dimenticare, di un musicista che ci ha lasciato recentemente e ci ha donato tanti frutti maturi dall’albero del suo pensiero. È difficile definire di che specie siano, in quanto felici contaminazioni e ibridazioni tra jazz e flamenco (Jazz Flamenco), tra musica d’arte, jazz, musica leggera e folklore (Suite Hellénique) o tra musica d'arte e tradizioni popolari (Pequeña Czarda, Memorias), a seconda della stagione creativa. Aggiungere altro a livello generale sui suoi tratti stilistici mi risulterebbe limitativo, perché nel caso di Iturralde si può entrare nel dettaglio solo considerando una per volta le sue opere: si tratta di un musicista che non è ascrivibile ad altra categoria che non sia quella degli “alberi liberi”, per restare in questa metafora... e cosa ne sai dei prossimi frutti che faranno? Sai solo che saranno buoni, perché tutto parte dalla linfa che è buona.
A proposito di categorie, non a caso per parlare delle esperienze musicali più vicine a noi in storia della musica si usa la categoria temporale del Novecento molto più spesso rispetto a categorie stilistiche come le avanguardie musicali, il neoclassicismo musicale o il minimalismo. Per inciso, se l'Ottocento musicale è stato il trionfo della soggettività, il Novecento è stato il trionfo del soggettivismo, il secolo in cui le categorie stilistiche stanno strette ai compositori e agli storici a causa della volontà di ogni autore di scrivere secondo il suo linguaggio musicale, di cui egli stesso è artefice di grammatica e sintassi (basti pensare a Debussy, Ravel, Stravinskij, Messiaen, Bartók...). Il Duemila, dalle premesse che abbiamo, sembra essere il secolo dell'individualismo, quindi più di sempre abbiamo fame di musica che unisce.
Ascoltando Iturralde percepiamo il desiderio e il bisogno dell'autore di fare musica per unire culture e tradizioni, di comporre per aprire un laboratorio di sintesi creativa tra idiomi stilistici, lo stesso meraviglioso intento che in contesti, modi e proporzioni diverse era stato perseguito da Bach nel Barocco, da Mozart nel Classicismo, da Beethoven nell'aprire la strada al Romanticismo e così via. Considerare la musica come terreno di incontro tra i popoli, come fusione di più stili e come linguaggio che connette mente, corpo e spirito, per integrare i livelli del reale, è il desiderio e il bisogno di tutti gli autori e artisti. Per tutti noi l’unico desiderio che è anche un bisogno è ricreare l'unità del reale e lo sappiamo.
È curioso notare come possano esistere tentativi felici di sperimentazione e fusione anche preliminarmente a qualsiasi volo del pensiero. Mi riferisco al sax: questo strumento è frutto di un'ibridazione tra il clarinetto, del quale conserva il bocchino con l'ancia, e l'oficleide, un ottone derivato dall'antico "serpentone", lo strumento basso della famiglia dei cornetti rinascimentali. I primi nomi del sax furono "nuovo oficleide" e "oficleide a bocchino", ma in effetti come nomi non suonavano bene (scusate il gioco di parole) e fu molto meglio chiamarlo sax, o sassofono, dal cognome del suo inventore, il costruttore belga Adolphe Sax (1814–1894), che brevettò il nuovo strumento nel 1846. Hector Berlioz nella ripubblicazione del 1855 del suo Trattato di strumentazione e di orchestrazione ha lodato il sax notando qualcosa di doloroso nei suoni acuti e qualcosa di grandioso in quelli gravi. Un timbro che si presta a "raccontare" tutto ciò che di doloroso e di grande deve espandersi fuori dal petto, uscire dall'ombra. Lo strumento è stato da subito accolto nei più disparati contesti e generi musicali.
La scrittura di Iturralde ha una grandissima aderenza alle potenzialità espressive del timbro del sax. Vorrei proporvi l'ascolto di Jazz Flamenco, Suite Hellénique e Memorias.
Jazz Flamenco
Glissando sui nodi irrisolti dell'origine di questa parola, il flamenco è un'espressione musicale dell'Andalusia che è nata nel Settecento come musica di strada e poi si è "spostata" nei locali all'inizio dell'Ottocento, nei cafés de cantes (apprezzati dai borghesi, sempre più attratti dal folklore); costituisce la sintesi tra Andalusia cristiana e musulmana e raccoglie influenze eterogenee di gitani, mercanti ebrei e schiavi africani. In aggiunta a tutto questo, sono evidenti anche elementi mutuati dalla musica cubana nei ritmi dell'habanera (poi confluiti nel tango), della rumba e della milonga, che si innestano nella primitiva forma del cante jondo, che si pone fra il sistema temperato occidentale e quello orientale con intervalli microtonali. Il cante jondo è l'espressione autentica del sentimento alimentato dal disagio esistenziale e dalla ricerca della propria identità.
Negli anni Cinquanta e Sessanta Lionel Hampton, John Coltrane e soprattutto Miles Davis hanno subito l'incanto del flamenco. Erano gli anni in cui il jazz vedeva scemare la sua energia e vitalità. Il rock 'n roll muoveva i primi passi grazie ad alcuni visionari musicisti afroamericani mentre altri musicisti bianchi come Dave Brubeck cercavano una propulsione creativa in forme musicali sempre più libere e intellettuali.
La contaminazione tra jazz e flamenco fu inaugurata da Miles Davis con la traccia Flamenco Sketches, un'improvvisazione su cinque scale modali tratta dal visionario album Kind of Blue (1959) e fu confermata con il successivo album Sketches of Spain (1960), il più venduto della storia del jazz.
Nel 1967 Pedro Iturralde con Jazz Flamenco ha dato un grande contributo con il suo quintetto e Paco de Lucía. Iturralde ha portato questa fusione ad un livello più profondo anche grazie a una contingenza quasi casuale: il critico e organizzatore di concerti Joachim Berendt affermò che nel gruppo musicale guidato da Iturralde avrebbe voluto anche un chitarrista. Iturralde, da vero talent scout, si presentò con il diciannovenne Paco de Lucía, destinato a un luminoso avvenire. Il loro gruppo, chiamato da allora "Pedro Iturralde Quintet & Paco de Lucía", ha fatto concerti in Europa, America e Asia. Il quintetto era composto, oltre al sax tenore di Iturralde, da Dino Piana (trombone), Erich Peter (basso), Paul Grassl (piano) e Peer Wyboris (batteria).
Suite Hellénique
La Suite Hellénique è stata composta originariamente per quartetto di sassofoni, ma è stata trascritta per sax e pianoforte e successivamente per altre formazioni; si articola in cinque movimenti: Kalamatianós, Funky, Valse, Kritis, Kalamatianós; fu pubblicata nel 1994 e dedicata al giovane sassofonista greco Theodore Kerkezos, oggi musicista di fama internazionale che collabora con le più grandi orchestre ottenendo riconoscimenti prestigiosi come il "Gina Backauer Awards" (2016), in cui è stato definito "artista dell'anno".
Il nome Kalamatianós si riferisce al ballo tipico della regione circostante Calamata, nel sudest del Peloponneso. Questo ballo è uno dei più diffusi in Grecia ed è in 7/8 (3+2+2), ritmo tipico del folklore greco, con melodie basate su varie scale modali.
Il secondo movimento, Funky, si sviluppa su un tessuto armonico in stile funky che resta invariato per tutto il brano (questa struttura è detta "basso ostinato") e il solista svolge su di esso melodie molto libere con carattere di improvvisazione.
Il successivo Valse comincia con un'introduzione in stile jazz valse, con frequenti quadriadi jazz, seguita da una sezione più eterea con melodie distese ispirate al folklore greco che poi si immette in una sezione swing costruita su una scala blues, per poi ritornare alla ripresa della sezione introduttiva.
La danza greca Kritis, dell'isola di Creta, in 2/4, in modo eolico è uno slancio dionisiaco, un'ebbrezza sonora che si disperde nell'aria con vortici di semicrome frenetiche.
Ciò che preme a Iturralde è l'unitarietà dell'opera, suggellata dalla ripresa finale del Kalamatianós a conclusione della suite. Il protagonismo del sax distilla timbri popolari e classici.
Memorias
Per concludere, vorrei proporvi Memorias, frutto di una fusione tra la musica colta e il pathos delle tradizioni popolari spagnole, con incursioni anche in altri stili, come il blues. Se domani dovessi far ascoltare a un alieno un solo brano per mostrargli com'è la voce di un sax, cosa nasconde nelle sue vibrazioni, cosa manifesta nei suoi sussulti, sceglierei questo.
In questo periodo in cui l’incertezza esistenziale è attaccata all’amplificatore, prendiamo coraggio e scendiamo negli angoli più remoti di noi stessi... al riparo dal rumore sincretico del nostro tempo, che attrae e ferisce, ci nutriremo di sintesi creative come di una linfa ricostituente. Ne abbiamo bisogno per tornare nella sincresi quotidiana da nuovi esploratori, con uno sguardo più limpido e un cuore più forte. Per scoprire che anche desiderio e nostalgia possono essere un tutt’uno, mentre l’anima canta e piange con la voce di un sax.
Caterina Barontini