La scuola musicale francese di Claude Debussy e Maurice Ravel ha visto in Henri Dutilleux (Angers, 22 gennaio 1916 – Parigi, 22 maggio 2013) il suo esponente di spicco più vicino ai nostri giorni e, per molti storici, il suo ultimo depositario dopo Messiaen; la sua è una musica astratta imbevuta della visionarietà propria di chi cerca una simbiosi tra musica, arti e cultura. Il suo ambiente familiare gli aveva fatto conoscere letterati, poeti e pittori. Il padre era stampatore e libraio – dato biografico che lo accomuna a Robert Schumann, con il quale ha in comune ben più di questo: la concezione per cui l'estetica di un'arte equivale all'estetica di un'altra arte. Il nonno materno, Julien Koszul, era compositore, organista e direttore del conservatorio di Roubaix; il bisnonno paterno era il pittore Constant Dutilleux, amico di Delacroix e Corot e loro corrispondente (in particolare, abbiamo ventinove lettere da parte di Delacroix)... il celebre ritratto di Chopin, ora conservato al Louvre, era appartenuto a Constant.
Estremamente autocritico e attento ai dettagli, noto per la precisione da orafo con cui scriveva, ha permesso di pubblicare solo una parte delle sue opere e non ha mai smesso di revisionare anche quelle già uscite (ad esempio, Timbres, Espace, Mouvement ou 'La Nuit étoilée', scritta nel 1977-78, fu revisionata nel 1991 con l'aggiunta di un interludio per soli violoncelli). Le sue opere cameristiche e sinfoniche ci sono pervenute soltanto in registrazioni di altissima qualità esecutiva e interpretativa, proprio perché i solisti e le orchestre più prestigiose gliele avevano commissionate. Nel corso della sua lunga attività ha ricevuto riconoscimenti internazionali, come il Prix de Rome (1938), il Grand Prix national de la Musique (1967), il Prix MIDEM Classique di Cannes (1999) e il Premio Ernst von Siemens (2005) come "uno dei grandi artisti della musica contemporanea francese, la cui produzione si distingue per la sua chiarezza poetica" (Dutilleux è stato il terzo compositore francese a riceverlo dopo Olivier Messiaen e Pierre Boulez).
In una serie di conversazioni con Claude Glayman (Mistero e memoria dei suoni, Ricordi, 2005, trad. it. di Marco Mazzolini), Dutilleux racconta che durante i suoi studi al Conservatorio di Parigi (1933-1938) l'insegnamento accademico era distante dalla vita musicale contemporanea: passato e presente erano senza legami. La sua esperienza compositiva gli ha permesso di colmare questa distanza, conciliando la sua esigenza di radicamento nella tradizione europea e la sua istanza altrettanto forte di rinnovare il linguaggio musicale, mirando alla costruzione di un proprio sincretico mondo sonoro. Un procedimento emblematico in questo senso, in equilibrio tra tradizione e innovazione, è quello applicato al quartetto d'archi Ainsi la nuit (1974-76), un continuum di sette sezioni che in realtà sono riconducibili ai tre movimenti canonici della forma classica.
"Quando ho scoperto davvero, e in profondità, i quartetti di Beethoven, per me è stato un arricchimento prodigioso. La grande modernità di Beethoven appare anche sul piano grafico (...). A volte, la relazione fra questo e la dimensione sonora è impressionante."
Al centro della sua poetica troviamo le nozioni di tempo e memoria: la sua creatività vive nella forma del riemergere del ricordo e del ritorno del tempo, alla maniera di Proust, a cui si è espressamente ispirato. A questo proposito, dobbiamo ricordare la tecnica compositiva della variazione inversa, secondo la quale un tema non è presentato all'inizio di un brano, ma è rivelato gradualmente, apparendo nella sua forma completa solo dopo diverse esposizioni parziali o frantumate: quando il tema appare finalmente ricostruito nella sua interezza, il senso percepito dall'ascoltatore è lo stesso di un'epifania proustiana.
Altre fonti da lui evocate sono le opere di Van Gogh, la scrittura di Baudelaire e lo stile compositivo di autori come Bartók e Stravinskij. L'ispirazione ricevuta da Van Gogh è rintracciabile nella già menzionata Timbre, Espace, Mouvement ou 'La Nuit Etoilée' e anche in Correspondances (2003), in cui il movimento finale, V, è ispirato a dei pensieri tratti dalle lettere di Vincent al fratello Théo.
Possiamo affermare quindi che la sua immaginazione si è nutrita di esperienze visive, letterarie, acustiche e filosofiche da lui vissute con un focus particolare sulla dimensione del tempo come campo della percezione e della memoria. L'esito espressivo che ne deriva è strettamente riconducibile alla visionarietà cosmica di sogni ineffabili, in apparenza privi di una struttura logica ma capaci di rivelare, proprio attraverso il tempo, il loro senso segreto: l'unica necessità all'ascolto è lasciarsi sorprendere dalla metamorfosi continua del colore dei suoni.
"Ogni volta che ci si immerge nel passato, nell'opera dei maestri, si ritrova il colore, in modo diverso. Colore armonico in Chopin, Schumann, Liszt; colore anche in Berlioz, con la sua straordinaria tavolozza orchestrale; colore insieme armonico, orchestrale e modale in Debussy, Messiaen e molti altri ancora. Per quanto mi riguarda il colore strumentale conta molto, e forse è per questo che sono sempre disposto a scrivere per orchestra."
Un segno ulteriore che rimarca l'importanza del colore strumentale sta nell'utilizzo del cymbalum, strumento a corde di origine popolare ungherese, presente in brani come L'Arbre des songes e Mystère de l'instant. A livello armonico, l'organizzazione accordale si fonda su gruppi di poche note che consentono un legame con l'armonia tradizionale, agli antipodi della serialità. Anche il ritmo costituisce un elemento importante nell'evoluzione del linguaggio e, consapevole degli apporti di Messiaen in quest'ambito, Dutilleux spesso evita la regolarità ritmica per suscitare un continuo senso di stupore e di mistero.
L'Arbre des songes, concerto per violino e orchestra (1980-85), dedicato a Isaac Stern
Il compositore ha raccontato di aver sognato un albero in cui ogni ramo esprimeva un'idea musicale, contrassegnata da un desiderio di melodia e cantabilità.
Fin dall'inizio il violino solista non tace mai; talvolta dei frammenti della sua melodia contagiano il resto degli archi aprendo spazi di dialogo. Il primo tempo è di andamento rapsodico, ritmicamente libero, mentre il secondo è un allegro in sei ottavi con andamento di danza. Prima e dopo il secondo tempo si aprono come "strappi nel cielo di carta" interludi orchestrali fortissimi, scatenati, poi di nuovo inclini al lirismo. Nel finale l'orchestra si addensa e il violino procede nelle regioni più acute, finché trascina anche gli altri strumenti.
Davanti alla frase del Maestro secondo cui la musica "è spesso una scienza al servizio o alla ricerca dell'arte", se fosse possibile, sarei tentata di stringergli la mano e di rispondergli che questa frase è poesia... è poesia perché abbraccia gli opposti, perché diventino uno.
Caterina Barontini
Cronologia essenziale delle opere
- Sarabande et cortège per fagotto e pianoforte (1942)
- Sonatina per flauto e pianoforte (1943)
- Sonata per pianoforte (1948)
- Première Symphonie (1951)
- Deuxième Symphonie (1957-59)
- Métaboles per orchestra (1962-64)
- Tout un monde lointain per violoncello e orchestra (1967-70)
- Ainsi la nuit (1974-76)
- Timbres, Espace, Mouvement ou 'La Nuit étoilée' (1977-78; rev. 1991)
- L'Arbre des songes, concerto per violino e orchestra (1980-85)
- Mystère de l'instant per 24 archi, cymbalum e percussioni (1986-89)
- The Shadows of Time per orchestra e tre voci infantili (1993-97)
- Correspondances per soprano e orchestra (2003)